Per fare più velocemente, perché ci si sente particolarmente abili su un'operazione particolare... talvolta l'abitudine prende il sopravvento sulle consuetudini di sicurezza e l'esito può essere fatale.

Un infortunio nella fase di fissaggio e sbloccaggio di un carico, non è raro si verifichi. Formarsi ed informarsi – si sa -, oltre che previsto dalla legge è necessario ove non indispensabile. Ma talvolta, la sola formazione sembra non essere sufficiente ad evitare spiacevoli incidenti, specialmente quando il lavoratore opera in ambienti esterni all’azienda.

È in questi casi soprattutto che, una significativa componente di discrezionalità e autonomia, sfugge con facilità alle raccomandazioni teoriche ricevute in formazione. La mente umana è infatti imprevedibile. Si adatta a situazioni di pericolo, approcciando alla realtà in maniera soggettiva e quindi risulta evidente che oltre alla formazione, i lavoratori dovrebbero forse essere maggiormente sensibilizzati a processi di problem solving. Una volta fuori dalla protetta realtà aziendale, infatti, potrebbero essere d’ausilio se ci si dovesse ritrovare a farsi carico di scelte operative rapide, che potrebbero rivelarsi anche fatali.

Il sito del Centro regionale di Documentazione per la Promozione della Salute della Regione Piemonte, raccoglie un’insieme di case history di infortuni sul lavoro, che vengono rielaborate a partire dalle inchieste, dagli operatori dei servizi PreSAL delle ASL piemontesi. Tra queste, ne riportiamo una, che fa riflettere riguardo le fasi di fissaggio e sbloccaggio del carico.

Un autista era impegnato nella sistemazione di una cinghia, utilizzata per bloccare alcuni bancali al pianale di un semirimorchio. Mentre svolgeva questa operazione, è caduto dal carico che stava assicurando ed è precipitato a terra.
L’Inail, ha riconosciuto all’operaio un’inabilità temporanea di 504 giornate e un’invalidità permanente del 70%. Ma lo sfortunato ha riportato un deficit cognitivo che non gli ha consentito di riprendere la sua attività lavorativa.
Il malcapitato, che presidiava le operazioni di carico svolte dai carrellisti dell’azienda, mediante alcune cinghie, fissava il carico al pianale.

Dall’analisi dell’accaduto, è emerso che probabilmente tra gli autisti esiste una sorta di subcultura che riguarda le abilità nel fissaggio dei carichi, che non ha molto a che vedere con le informazioni e la formazione aziendale. Pur essendo adeguatamente formato dall’azienda per la quale prestava la sua attività, nel momento in cui la formazione avrebbe dovuto venirgli in soccorso, suggerendogli di non effettuare una manovra, il lavoratore ha agito diversamente da quanto appreso.

Verosimilmente, si potrebbe quindi supporre che l’autista, sicuro delle sue capacità, abbia adottato un comportamento anomalo nella sua metodologia operativa, di sua personale iniziativa, che l’ha portato a spingersi oltre i limiti di precauzione fissati per operare in sicurezza. La sua eccessiva tranquillità, lo avrà certamente condotto ad un ragionamento che non ha tenuto conto del caso.
Per lui, decisiva è stata l’operazione di tirare la cinghia puntando il piede sul pannello verticale del carico già fissato, sfruttando il proprio peso per assicurare la trazione prima di scendere a terra e fissare la cinghia al cricchetto (utile a metterla in tensione e in sicurezza).

Generalmente, per preservare la loro loro incolumità, gli autisti devono predisporre il mezzo al carico, spostando eventuali teloni laterali, rimuovendo le centine da uno o entrambi i lati. Non devono partecipare alle operazioni di carico/scarico posizionandosi in una zona non indicata dall’azienda ospitante. In più, rimane l’obbligo da parte dell’autista di fissare il carico prima di eseguire il trasporto e di procedere allo sbloccaggio solo nella fase di consegna.

Alcune raccomandazioni del caso, potrebbero tornare alla memoria di chi sta eseguendo una simile, semplice, mansione. Nelle fasi di fissaggio e sbloccaggio del carico gli autisti hanno divieto assoluto alla salita sul carico e sono obbligati all’utilizzo corretto di attrezzature fornite dall’azienda ospitante, che deve essere concordato preventivamente da parte della propria azienda di appartenenza, in relazione alla tipologia del carico.

Si tratta di regole basilari che spesso non vengono osservate. Magari perché si preferisce fare perno sulla propria esperienza, sulla prassi, sul fatto di aver sempre svolto il lavoro in un certo modo ed esser stati sempre “graziati”.

In realtà, sarebbe più opportuno evitare di fare affidamento sulla buona sorte, perché la casualità non è calcolabile e l’imprevisto a volte, come in questo caso, ci può mettere davanti a risultati impensati, a danni permanenti, quando non fatali.

Così è stato per il lavoratore che ha creduto di poter svolgere il lavoro in maniera non conforme a quanto appreso in fase di formazione.