Una reale fonte di preoccupazione per la stragrande maggioranza delle imprese che operano nell'Unione Europea

Sono passati 14 anni dall’Accordo quadro sullo stress da lavoro correlato, siglato nell’ottobre 2004. Un accordo che ha sicuramente determinato un riconoscimento maggiore della rilevanza del rischio di stress negli ambienti di lavoro ma che ha anche evidenziato l’urgenza di misure di prevenzione specifiche.
Parecchio è cambiato in materia di prevenzione in questi anni ed un documento, risultato del Progetto REST@Work – Reducing stress at work, finanziato dall’Unione Europea e sviluppato in Italia dalla UIL, ci consente oggi, di analizzare gli aspetti più rilevanti correlati ai rischi psicosociali nelle aziende degli 8 paesi partecipanti. Una ricerca che raccoglie ed analizza i dati raccolti sul campo tra lavoratori, RLS e datori di lavoro di Grecia, Francia, Italia, Spagna, Portogallo, Lituania, Romania, Ungheria e che rileva lo stato dell’arte della valutazione del rischio stress e le criticità presenti nelle aziende.

I dati, riguardano 1310 intervistati di cui 855 lavoratori, 289 Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza e 166 datori di lavoro.

In relazione all’effettuazione della valutazione dello stress lavoro-correlato, la ricerca ha ottenuto risultati molto interessanti. Se si prende in considerazione ciò che è stato dichiarato dai lavoratori, 6 su 8 di essi dichiarano che non è mai stata effettuata alcuna valutazione del rischio (40/56% degli intervistati); dall’analisi delle risposte fornite dai RLS, 5 lavoratori su 8 dichiarano che non sia mai stata effettuata con percentuali che salgono tra il 50% e l’89%. Infine, secondo quanto dichiarato dai datori di lavoro, la valutazione da stress correlato non è mai stata effettuata nella misura percentuale compresa fra il 42% ed il 94%.

Parallelamente, in Italia, nel biennio compreso fra 2014/2016, è stato sviluppato dall’Inail, in accordo con Regioni e Aziende Sanitarie Locali, un piano utile al monitoraggio e alla valutazione che comprende circa 550 piccole e medie imprese che insistono su 15 diverse regioni italiane. In tutti i casi è stato osservato che la maggior parte delle aziende valuta il rischio stress lavoro-correlato in maniera formale e nell’85% delle casistiche non lo valuta effettivamente riscontrato.

Raccogliendo, per contro, alcune indicazioni sulle percezioni dei lavoratori, RLS e Datori di lavoro, emergono quali siano le caratteristiche critiche correlate al rischio da stress. Ad incidere maggiormente, in primis, si riscontra il carico di lavoro, seguito dall’evoluzione di carriera e dall’ambiente e le attrezzature di lavoro. Seguono, la pianificazione dei compiti e l’orario di attività, i rapporti interpersonali e l’autonomia decisionale.

Sinteticamente, in Italia sembra che la dimensione più critica riscontrata sia quella del “ruolo”, da intendersi come impossibilità di concilazione della vita privata con l’attività lavorativa.

Nel Bel paese, per il carico di lavoro, i punteggi più critici sembrano riguardare più le aziende di piccola e media dimensione. Per l’evoluzione della carriera, il rischio percepito sarebbe avvertito in maniera più consistente dalle piccole micro e medie aziende e per la dimensione dell’ambiente lavorativo e delle attrezzature, il valore più basso risulta essere quello relativo alle micro-aziende. Infine, per la pianificazione dei compiti, si osserva una convergenza tra le figure del lavoratore, RLS e DL, un aspetto che nelle micro-aziende risulta più critico rispetto alle imprese con più dipendenti.