Divisi i pareri degli esperti sui vantaggi di automazione e intelligenza artificiale. Il principale rischio, sembra essere l'occupazione

A volerlo ricercare sui principali motori di ricerca, l’interrogativo spesso rimane inevaso.
Tutti a chiedersi se la robotica è da vedere come una minaccia o una risorsa, se rappresenta o rappresenterà mai un rischio per l’occupazione.
C’è anche chi, non meno titolato di altri, ha stilato l’elenco delle posizioni di lavoro che nei prossimi anni e nei prossimi mesi saranno sostituite dai robot.

Con tanto di indicatori a supporto di questa tesi, gli apocalittici vedono nell’innovazione quanto di più lontano ci sia da una nuova opportunità.
Ma c’è anche l’altra parte della medaglia, imprenditori in prima linea, che in materia di intelligenza artificiale riconoscono le potenzialità di questa nuova direzione e le prospettive d’impiego all’interno delle aziende.

Su questo fronte, il nostro paese sembra essere uno dei più ottimisti. Secondo recenti studi, pare che nove imprenditori italiani su 10 preveda che con l’introduzione dell’intelligenza artificiale ci sarà una creazione di nuovi posti di lavoro e che i settori maggiormente interessati potranno essere finanza, risorse umane, vendita, marketing, ma anche la catena di distribuzione e l’assistenza ai clienti.
E difatti, dando ragione ai numeri, una ricerca di mercato effettuata da una multinazionale francese esperta nella consulenza informatica, sostiene che nel nostro Paese si registri il più alto numero di posti di lavoro creati dall’IA nelle aziende. Il report francese mostra le prospettive di impiego, asserendo come già quasi un migliaio di imprenditori abbiano adottato l’intelligenza artificiale nelle proprie imprese. Il focus dell’indagine, manco a dirlo, si concentra chiaramente sulla questione più spinosa: l’IA sottrarrà occupazione all’uomo, sostituendo i robot ai lavoratori in carne ed ossa? Secondo il documento, 8 manager su 10 sono convinti che si tratti di un problema inesistente. Le nuove tecnologie, secondo loro, avranno un impulso benefico sul mercato e saranno responsabili della creazione di nuovi posti di lavoro.

Ad analizzare l’impatto dell’automazione ci aveva pensato anche il rapporto Man and Machine in Industry 4.0, che su 23 diverse categorie occupazionali dell’economia tedesca, lo riteneva un fenomeno positivo, in termini di 350mila unità nell’arco di un solo decennio.
Quale potrebbe essere il risultato sull’occupazione nell’Industria 4.0 è stato un interrogativo anche per l’autorevole Pew Reserch che nell’ambito dell’inchiesta Future of Internet ha girato la domanda ad oltre 2000 esperti analisti e costruttori di tecnologia, giungendo a risultati interessanti. Opinione condivisa secondo il campione sarebbe che l’intelligenza artificiale ed i robot riusciranno a permeare ogni aspetto nella nostra vita nell’arco del prossimo decennio: dalla logistica alla salute, fino ai trasporti e la manutenzione delle abitazioni. I cambiamenti saranno l’occasione per ripensare al concetto di lavoro: il futuro darà spazio a diversi modelli produttivi che consentiranno alle persone di avere più tempo libero. Saremo in un certo qual modo meno oberati dalla fatica del quotidiano e avremo una relazione molto più positiva col lavoro.

Pareri divisi, ma non troppo discordanti insomma. La nuova ondata di innovazione, fatta di auto automatiche, di robot e network impatterà sicuramente sul mondo del lavoro e, a voler essere fiduciosi, non porrà fine alla naturale inclinazione dell’uomo di creare nuove tipologie e forme di lavoro.
Intanto, gli indicatori Istat-Eurostat sull’occupazione italiana parlano chiaro. La perdita di oltre 300mila posti di lavoro si è concentrata soprattutto sui lavori di routine (operai, addetti alle catene di montaggio, tipicamente toccati dall’automazione). Sembra così che emergano anche in Italia i segni chiari di una polarizzazione del mercato lavorativo: chi è altamente qualificato cresce numericamente e a livello retributivo, ma non così tanto da riuscire a porsi da traino per la ripresa e la crescita; la classe media invece, ancora a riparo dal fenomeno dell’automazione, scivola verso occupazioni a bassa retribuzione.