
Partiti con un ritardo di un anno rispetto alla tabella di marcia del piano Industria 4.0, da inizio 2018 i Centri di competenza ad alta specializzazione esprimono già valore, stando alla graduatoria pubblicata dal Ministero dello Sviluppo Economico.
Chiamati a svolgere attività di formazione e orientamento alle imprese, da questa estate supporteranno le imprese anche in progetti di innovazione, ricerca e sviluppo finalizzati a realizzare nuovi servizi, processi e prodotti o a migliorarli, grazie all’avanzata tecnologia che offre la quarta rivoluzione industriale. Sono quello che si può dire fosse fino ad oggi l’anello mancante tra Impresa ed Accademia, quello che consentirà a Università e Società private di comunicare in maniera efficace tra loro.
Sì, perché i protagonisti sono proprio aziende ed atenei che usufruiranno dei 73 milioni di euro messi a disposizione per un’evoluzione tecnologica importante.
Competence Center e Innovation Hub
Le imprese hanno necessità differenti. Una grande fetta di piccole e medie realtà non ha ancora ben compreso cosa sia Industra 4.0 e ha bisogno di orientamento. In questo, il Competence Center esplica il suo ruolo fondamentale. Poca teoria, molta pratica. Il Centro di competenza supporta le imprese illustrando, come fossero già implementate, le nuove tecnologie a chi ha necessità di utilizzarle. L’obiettivo del training e del supporto è consentire un vero e proprio transfer tecnologico.
I Competence Center non sono territoriali. Si differenziano esclusivamente per specializzazione. Gli Innovation Hub ne saranno invece il braccio destro, cercando di orientare le imprese dislocate nelle diverse aree geografiche al corretto centro di competenza.
La graduatoria
La graduatoria pubblicata dal Ministero dello Sviluppo Economico vede il Politecnico di Torino capofila col due progetti: “Manufacturing 4.0” e “Made in Italy 4.0”, realizzati con FCA, General Motor, Thales Alenia e GE Avio, il cui focus si concentra su automotive, aerospazio e additive manufacturing e tecnologie per la fabbrica 4.0.
Al terzo posto si piazza “Bi Rex”, il progetto dell’Università di Bologna seguito da “Industria 4.0” della Federico II di Napoli e da “Start 4.0” del Consiglio Nazionale delle Ricerche, cui seguono, scorrendo la graduatoria, “Cyber 4.0” dell’Università La Sapienza di Roma e “SMACT” dell’Università di Padova con focus, tra gli altri, su agroalimentare e automazione.
L’Europa scommette finanziando la AI
Pisa è forte nella robotica, l’Emilia nei big data e Torino in meccanica avanzata, come Milano nell’elettronica e Padova nella biologia. I nostri atenei non temono confronti con le altre università europee, ma mettere tutto a regime in un piano nazionale di ricerca non è proprio una passeggiata. La posta in gioco è alta ma il momento è più che propizio. L’Europa ha infatti stilato di recente un piano di investimento di 20 milioni di euro per lo sviluppo dell’intelligenza artificiale e sta conducendo delle iniziative per coinvolgere il Continente intero. Lo scopo? Mettere in mano anche europea ciò che fino ad oggi è stato esclusivo appannaggio di Usa e Cina.
Il vero obiettivo è riuscire a connettere università ed imprese che hanno tempistiche ma soprattutto linguaggi diversi. Per questo i Competence Center dovranno fare da passe partout tra le strutture coinvolte. Ci si aspetta che funzionino meglio dei centri di trasferimento tecnologico che gli atenei provarono a sviluppare al loro interno, monchi però dell’azione commerciale e più focalizzati sugli ambiti di ricerca. Perché per quanto l’università sia grande ha una conoscenza limitata e l’impresa ha bisogno di avere più interlocutori contemporaneamente. Ecco perché i Competence Center dovranno diventare dei centri di awareness, perchè le imprese prendano coscienza di questo salto.
La sfida: diventare punti di riferimento internazionali
La partita si gioca tutta sulla capacità di far diventare i Centri di Competenza appetibili a livello internazionale. Non solo poli di trasferimento tecnologico alle imprese locali, ma ulteriormente evoluti. I Centri hanno un valore che va aldilà del semplice trasferimento. Sono la chiara dimostrazione che i grandi sistemi di ricerca italiani sono in grado di fare network e di aggregarsi. Quello che si dovrà fare è cercare che diventino un catalizzatore di sistemi, altrimenti avranno fallito la loro missione. Oggi in Italia non occorrono centri di trasferimento tradizionali, perché nel 99% dei casi le imprese ne sanno davvero molto di più degli atenei. La novità sta nel salto dimensionale che potrebbero fare, mettendo in tiro tutto il sistema scientifico tecnologico italiano, in grado di riposizionare il nostro paese.
Riusciranno, quindi, i Competence Center a porsi come punti di riferimento nazionali ed internazionali oppure resteranno dei semplici strumenti di trasferimento tecnologico in contesti locali?