
“Proprio come successe con il motore a vapore e l’elettricità, l’intelligenza artificiale sta trasformando il nostro mondo, la società e soprattutto l’industria. L’enorme mole di dati ed i progressi fatti negli ultimi anni rispetto agli algoritmi, hanno trasformato l’AI in una tecnologia strategica dell’epoca che viviamo. Il modo in cui entriamo in contatto, abbracciamo e facciamo nostra l’intelligenza artificiale, definirà il mondo nel quale viviamo. In un contesto simile, la competizione globale è feroce e agguerrita ed è per questo che è necessaria una politica industriale europea che possa garantire investimenti importanti per consentire al Vecchio Continente di recuperare il divario rispetto a Cina e Stati Uniti, oggi sicuramente più avanti dell’Europa”.
Sono parole diffuse dall’Unione Europea che in un comunicato stampa annuncia l’avvio di un programma di politica industriale per tutti gli stati membri con il quale, entro il 2020, verranno stanziati 20 miliardi di euro.
Tantissime sono oggi le realtà industriali che si servono dei sistemi AI, in grado di dare significato alla grande mole di dati raccolti da sensori applicati sui macchinari. Dalla segretaria virtuale ai software che comprendono la voce umana e rispondono in maniera pertinente, a quelli che ci consentono di leggere, studiare, archiviare i testi. Applicazioni immediate a cui si uniscono quelle legate alla soluzione dei più grandi problemi finora irrisolti, non solo nell’ambito industriale ma anche in medicina nel trattamento di patologie croniche, nella lotta al cambiamento climatico o nell’ambito della sicurezza informatica.
L’Austria, solo a titolo di esempio, utilizza l’AI nella rilevazione dei tumori in modo accurato, confrontando in maniera istantanea più radiografie contemporaneamente, le aziende agricole europee monitorano la temperatura del bestiame adattando quella delle stalle, mentre in Danimarca l’AI aiuta i servizi di emergenza nella diagnostica basandosi sull’interpretazione della voce del chiamante.
Insomma, i campi di applicazione sono e saranno dei più svariati ed è per questo che l’Unione Europea promette di stanziare 20 miliardi di euro. Una cifra enorme che potrebbe portare il nostro Continente a livelli da record se non fosse che, per il raggiungimento di questa somma, l’Ue prevede anche la partecipazione dei singoli stati e dei privati. Stando a quanto si legge nella nota, di fatto, l’Unione metterebbe circa 4 miliardi, di cui 1 e mezzo per ricerca, innovazione e sperimentazione e per far si che l’AI raggiunga anche le piccole imprese e 2,7 miliardi per il supporto di un migliaio di progetti.
Il piano è già in fase di lavorazione e probabilmente sarà pronto per fine 2018. Nel frattempo, la Commissione investirà sulle infrastrutture di base dell’AI, come lo sviluppo di sistemi elettronici maggiormente efficienti, mappatura del cervello umano, tecnologie quantistiche, ecc. per riuscire a tenere il passo con USA, Cina e anche Giappone, nettamente più evoluti sotto questo aspetto.
Grande attenzione sarà riservata anche al piano etico. “Entro la metà del 2019 – si legge nel comunicato -, la Commissione pubblicherà anche i suoi orientamenti sull’interpretazione della direttiva sulla responsabilità per danno da prodotti alla luce dell’evoluzione tecnologica, in modo da garantire chiarezza sul piano giuridico ai consumatori e ai produttori in caso di prodotti difettosi”. Un’istanza che fa riflettere sulla necessità di elaborare una politica industriale anche nazionale sull’AI.
Se quindi la vera sfida è fare sistema, visto che l’Italia si difende benino, preceduta in Europa da Germania, Francia e Gran Bretagna, sarà importante anche tener conto della proprietà dei dati e della responsabilità sociale ad esempio delle macchine a guida automatica o dei robot, per i quali entra in campo la difficoltà di stabilirne le responsabilità.
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Quel che è certo è che l’intelligenza artificiale trasformerà il nostro futuro ed il nostro mondo nel prossimo decennio, avendo un impatto profondo nella storia dell’umanità e mettendo alla prova l’intelligenza umana, in termini di competenze e di cultura digitale.
Una questione che dovrà diventare centrale nel dibattito politico, se davvero si vuole competere a livello globale.
È noto che la preparazione media è poco più che mediocre e nel prossimo lustro oltre il 70% delle occupazioni richiederà skills elevate. Per questo motivo, oggi, è molto grave che la questione non venga posta in agenda politica, che non se ne parli nei dibattiti, perché il problema sociale che potrebbe derivarne in termini di nuove occupazioni è enorme. E non riguarderà solo l’industria o il medico, l’avvocato, il manager.
Sembra la via sia obbligata e passi per una importante riqualificazione delle persone e del loro lavoro. I Competence Center, in questo si spera facciano bene in termini di distribuzione delle tecnologie e di transfer di conoscenze, perché l’Europa deve giocare bene la sua partita e recuperare terreno rispetto agli altri continenti, evitando di rimanere tagliata fuori dai grandi giochi che non possono essere ulteriormente rimandati.
L’intelligenza artificiale è il motore dell’Industria 4.0 senza la quale perde significato la robotica collaborativa, così come i big data. E’ il centro nevralgico della rivoluzione digitale che consentirà, a chi riuscirà ad implementarla a dovere, di consolidare la sua leadership globale.
Il documento ufficiale Artificial Intelligence for Europe.