
Ad un anno e mezzo dall’entrata in vigore dei provvedimenti per la competitività del manifatturiero italiano, è utile fare un bilancio su quante e quali aziende siano riuscite ad approfittare di questi benefici. A dirci come stanno le cose in questo senso, dopo quasi 24 mesi, è la Fondazione UCIMU, in collaborazione con Eumetra, con la relazione“L’utilizzo degli incentivi di super e iperammortamento da parte delle imprese italiane”, frutto di un sondaggio sulle imprese italiane. Circa 200 le imprese del settore metalmeccanico intervistate, un campione individuato per area geografica di appartenenza, dimensione fatturato e tipologia di produzione.
Dal report, si evince un primo dato positivo. Circa il 90% degli intervistati – direttori generali, amministratori delegati, titolari -, ha dichiarato di essere a conoscenza del piano per la trasformazione digitale della fabbrica e per il rinnovo del parco macchine. Anche se, e qui arriva il tasto dolente, ad aver usufruito degli incentivi, sono meno della metà e cioè il 46,5%.
Il settore che sembra abbia acquisito più macchinari e abbia fatto investimenti più importanti è quello dell’automotive e le imprese che hanno fatto la parte più rilevante in fatto di incentivi sembrano essere quelle di più grandi dimensioni del Nord Ovest, seguite dal Nord Est.
Non un caso, visto che gli acquisti in nuove tecnologie sono dedicati soprattutto all’acquisto di nuovi impianti che hanno sedi nelle regioni che fanno capo alla macroarea descritta.
Chi investe, quanto e in quali settori?
Volendo esaminare invece la situazione partendo dalla tipologia di incentivo richiesta, la distribuzione tra super ed iperammortamento sembra identica. Chi ha scelto di fare investimenti in regime di iperammortamento ha abbinato anche il superammortamento per una percentuale di quasi il 20%. Un dato positivo e conforme agli intenti per i quali il provvedimento era stato studiato, ovvero adeguare l’innovazione dell’impresa ai suoi strumenti digitali. Solo il 5% di chi ha fatto investimenti, ha acquisito solamente tecnologie digitali mentre il 23% ha scelto di puntare sull’acquisto di macchinari in superammortamento.
Le aziende dichiarano inoltre, per il 38% di avere effettuato una spesa tra i 100 ed i 500 mila euro, il 20% ha investito nella fascia compresa fra 500mila euro e 2 milioni, mentre il restante 12% ha investito in tecnologie per un ammontare superiore ai 2 milioni di euro.
Quasi la metà degli intervistati (48%) ha dichiarato di aver richiesto gli incentivi per aumentare la capacità produttiva, infatti molto sentita è l’esigenza di ottimizzare la propria competitività. Il 30% delle imprese dichiara di puntare al miglioramento dei prodotti, il 20% di porre rimedio all’obsolescenza dei propri macchinari ed il 13% intende competere a livello globale. Circa il 32% ha invece indicato di aver sostituito macchinari non più funzionanti. Il 2% infine, dichiara di averne avuto accesso per ragioni legate agli incentivi fiscali.
Permane una certa propensione positiva nei confronti di ulteriori investimenti: il 51% delle imprese dichiara che farà altri investimenti in futuro, tra i quali il 20% ne è certo mentre il 31% ne è “ragionevolmente sicuro”. Il restante 22% invece rimane meno propenso ad investire.
E sarà il Nord Est ad investire in futuro, sopratutto in iperammortamento.
Una buona percentuale del campione è conscia della trasformazione che avverrà in seno alla propria azienda con l’innovazione digitale e il 24% si è già attivato, mentre il 51% lo farà a breve termine. Il 25% rimane avverso o non a conoscenza delle trasformazioni future in chiave digitale.
La mancata “quarta rivoluzione industriale” fa crescere il digital divide
In relazione al campione intervistato, oltre la metà delle imprese metalmeccaniche italiane sembra non esser stata sfiorata dalle chances di rinnovamento del parco macchine e dalle trasformazioni digitali degli stabilimenti. Ad essere escluse sono le microimprese con fatturato inferiore ai 2 milioni di euro e le aziende del Sud Italia, isole comprese.
Al Sud l’accesso agli incentivi è stimato circa nel 40% e le ragioni sono da rivedere nella assenza di programmazione di nuovi investimenti. Il 38% delle imprese del Sud ha dichiarato inoltre di non investito in passato e quindi di non aver intenzione di investire in futuro.
Due, quindi, le indicazioni di massima che emergono dall’indagine effettuata dalla Fondazione UCIMU in collaborazione con Eumetra: la prima è che esiste una parte significativa di aziende che non sono state toccate dalla cosiddetta quarta rivoluzione industriale. Imprese che non intendono fare investimenti e che non ne hanno fatto nell’arco dell’anno trascorso. La seconda è che le imprese che hanno fatto o pianificato investimenti, hanno puntato sull’acquisizione di macchinari che implementano tecnologie digitali. E sono anche le imprese che prevedono nel loro futuro ulteriori investimenti.
Una situazione che potrebbe dividere ancora di più rispetto al passato il sistema manifatturiero: tra imprese innovative che ottimizzeranno le loro performance e imprese che invece saranno destinate a non crescere. Il rischio è che si allarghi ulteriormente il digital divide nel settore, con conseguenze di non poco conto anche sull’occupazione.