
Informatica, elettronica di consumo, contenuti e telecomunicazioni. Nell’ultimo anno l’ICT italiano ha registrato una crescita del 2,3%, raggiungendo una quota pari a 68.722 milioni di euro e lasciando inoltre intravedere segnali positivi fino alla proiezione del +3,1% per il 2020.
È quanto emerge dal rapporto Assinform che analizza, alla luce del digital divide, il momento fortunato che sta vivendo l’ict in Italia.
Malgrado la poca innovazione, una presenza residuale delle start-up e la mancanza delle competenze che consentirebbero di tenere il passo con Big Data, Intelligenza Artificiale, digitalizzazione, Robotica e nuove tecnologie, sembra che pur partendo da uno svantaggio, l’ict cresca più del doppio rispetto al pil. E le previsioni per il prossimo futuro sembrano ancor più rosee.
Il mercato digitale crescerà nel 2018 toccando i 70,524 mln, nel 2019 del 2,8% e nel 2020 del 3,1% con quasi 75 milioni. Previsioni di una crescita a cui hanno concorso tutti i comparti. I servizi ict hanno raggiunto un ottimo +4%, i software e le soluzioni ICT un +5,9%, dispositivi e sistemi +0,2% ed infine il digital advertising insieme ai contenuti digitali, il +7,7%. Trend che, accorpati, danno l’idea dell’incremento in positivo, malgrado la situazione industriale italiana, con aziende di media dimensione che investono e fanno innovazione, vivono anche di export e sostengono una rete di fornitori, aziende più conservatrici che innovano ma tentennano davanti agli investimenti ed infine aziende in crisi, tante di piccole dimensioni incapaci di reggere i competitor internazionali.
Un andamento che, seppure non più discendente, non può essere il solo a trainare l’economia. Perché il gap digitale accumulato obbliga all’accelerazione delle politiche per ammodernare la PA, per includere le imprese di piccola dimensione e soprattutto per sviluppare le competenze. E, se è vero che i numeri confermano la ripresa degli investimenti in digitale, lo è altrettanto che bisogna che si consolidi la ripresa. E il modo migliore per farlo probabilmente è strutturare la competitività, innalzando la produttività italiana mediante l’innovazione. Segnali buoni, quindi, ma a cui bisogna garantire continuità soprattutto attraverso la progettualità delle spinte più innovative che di solito giungono dalle start-up.
Ottimi segnali, che però vanno sostenuti. Solo così il digitale in Italia potrà consolidare la ripresa. In questo senso, anche il Governo sembra abbia le sue responsabilità. Come sottolineato anche dal nuovo Presidente di Anitec-Assinform, Marco Gay, “è necessario semplificare i processi che conducono all’innovazione, ridurre la burocrazia per concessioni e agevolazioni, approntare un chiaro piano di sviluppo per le infrastrutture e lanciare una politica che agevoli sempre più la filiera dell’innovazione che consenta l’open innovation fra l’industria e start-up, finalizzata all’adeguamento di prodotti e servizi da esportare”.