Uno studio di Assoporti evidenzia come l'area che concentra il 25% dei servizi di linea mondiali rappresentando uno dei principali asset per l'economia europea, abbia bisogno di progettualità. Soprattutto con il crescere dell'attenzione della Cina verso i porti strategici dell'Europa orientale e meridionale

Nel panorama marittimo internazionale il Mediterraneo rappresenta da sempre una via privilegiata per il transito delle merci. Lo è per il mercato nord europeo, per quello atlantico e non da meno per le rotte verso Africa e Asia. Così come per i traffici a corto raggio. È nel Mediterraneo che si concentra il 25% dei servizi di linea mondiali.

Purtroppo il contributo dell’Italia nel tentativo di recupero della centralità di questo mare si è ridotto dal 2007 al 2017 di oltre il 10%. Altri porti più competitivi sono cresciuti di più dei nostri e i traffici attraverso il Canale di Suez si sono ridotti da e per l’Italia.

È quanto ha evidenziato lo studio realizzato da Assoporti, l’Associazione dei porti italiani sul quale si è espresso il Sottosegretario delle Infrastrutture e dei trasporti Edoardo Rixi commentando che i porti italiani stanno attraversando una fase di sviluppo notevole – pur avendo perso la posizione privilegiata che avevano ormai da 40 anni -, ma il nodo dell’intermodalità rimane da sciogliere al fine di rendere il sistema efficiente senza che comporti disagi sul territorio.

È chiaro come il recupero della competitività dei porti del Mezzogiorno passi anche da una loro maggiore valorizzazione finalizzata anche a ridurre la disomogeneità.

“Per raggiungere questo obiettivo – ha detto Rixi – sono indispensabili i momenti di dialogo e di focus con gli stakeholder dell’economia del mare. Il nuovo governo vuole confrontarsi con operatori e mondo della portualità per costruire un sistema logistico intermodale del Paese, soprattutto sull’ultimo miglio di collegamento con gli scali, per competere con il Nord Europa e a livello mondiale. Fare sistema anche tra ministeri, ad esempio sulle tematiche del lavoro, è un’altra azione indispensabile perché dai porti passa la crescita e lo sviluppo dell’intero Paese”.

“Oggi la portualità non è solo trasporto di merci e passeggeri ma un’opportunità per le imprese che possono contribuire allo sviluppo economico del paese e delle sue infrastrutture. Stiamo lavorando per rafforzare il ruolo centrale dei porti italiani all’interno dei vari contesti dell’Unione Europea e auspichiamo un dialogo continuo con il Governo e con tutti i player del settore nell’interesse comune del sistema paese”, ha avuto modo di sottolineare il Presidente di Assoporti, Zeno d’Agostino. Molte delle attività dell’associazione vanno proprio in questa direzione. Un esempio ne sono i protocolli di intesa in ambito di sviluppo economico, commerciale e ferroviario.

Una riflessione che arriva all’indomani dell’intesa fra il Consiglio Nazionale dei Commercialisti ed Assoporti per il supporto del settore, che prevede appunto l’implementazione di analisi e proposte comuni sull’economia blu. Organizzazione di eventi scientifici legati all’economia del mare e all’intermodalità. Un accordo che sarà un validissimo strumento per mappare processi e formare nuove professionalità soprattutto sulla logistica portuale,  ai fini dello sviluppo del cluster.

Oggi che i porti sono un asset fondamentale per l’economia europea, la vera porta commerciale, si deve fare di più. Lo si deve fare per un indotto che impiega 1,5 milioni di addetti, che gestiscono merci per un valore complessivo pari a 1.700 miliardi di euro. Numeri grazie ai quali l’Europa è stata in grado di attirare negli ultimi anni la crescente attenzione della Cina. Un interesse che se si contestualizza nella Nuova via della Seta, che include progetti infrastrutturali finalizzati a facilitare il commercio tra i 4 continenti, ha una portata non trascurabile. Basta ricordare uno fra tutti, l’investimento del 2008 della China Ocean Shippin Company (Cosco) che ha rilevato la gestione di due terminal del porto greco del Pireo per 4,3 mln di dollari. A seguito dell’acquisizione, il volume di traffico del Pireo è cresciuto di oltre il 300%. Un investimento che va chiaramente inquadrato nella visione strategica che la Cina ha nei confronti dell’Europa sia orientale che meridionale.

E se, secondo Tsipras, la Grecia è lieta di “servire da porta della Cina verso l’Europa”, emerge il chiaro connubio tra potere commerciale ed influenza politica se si pensa che la Grecia solo un anno fa ha bloccato una dichiarazione europea di condanna delle violazioni dei diritti umani in Cina. Quello dei porti è il caso emblematico che riguarda le sfaccettature dei giochi economici e politici relativi agli Investimenti Diretti Esteri (Ide) cinesi. E non è difficile pensare che se mai il nuovo meccanismo europeo per vagliare gli Ide vedrà la luce, lascerà probabilmente meno spazio di manovra ai paesi membri.