La pandemia ha costretto le PMI industriali ad accelerare alcuni aspetti della trasformazione digitale. Ma non è sufficiente.

La pandemia ha costretto le PMI industriali ad accelerare alcuni aspetti della trasformazione digitale, soprattutto per:

  • contrastare il crollo del fatturato,
  • sopperire alle difficoltà di gestione dell’operatività aziendale
  • garantire la flessibilità del lavoro

Ma tutto quello che è stato fatto nell’emergenza non è però sufficiente.
Bisogna che il digitale diventi parte integrante delle politiche aziendali, non una risposta eccezionale da attivare in casi eccezionali.
C’è bisogno di competenze e formazione in ambito digitale, è necessario che il digitale diventi un approccio sistemico organico, non una metodologia da applicare a necessità.

Se n’è parlato nella giornata di apertura, mercoledì 10 febbraio, della Fiera A&T. Il convegno di apertura dell’evento è stato proprio dedicato alla presentazione dei dati della Ricerca PMI, industria e digitale, la sfida è adesso!* a cura dell’Osservatorio Innovazione Digitale nelle PMI del Politecnico di Milano.

[*ricerca condotta su un campione di 504 osservazioni rappresentative della popolazione di 69mila PMI manifatturiere nel mese di dicembre 2020]

Vediamo di seguito alcuni dei dati più interessanti:

• Solo il 14% delle PMI manifatturiere non prevede alcun investimento in ambito digitale per il 2021, mentre l’86% di esse prevede investimenti in almeno un ambito
• In particolare, a livello del totale mercato le priorità di investimento per le PMI industriali si orientano sulle tecnologie a supporto della salute dei dipendenti sul posto di lavoro (34%) e la gestione documentale digitalizzata e fatturazione elettronica (30%)
• 1/3 delle industrie dichiara che il top management non ha mai partecipato a eventi formativi su temi del digitale; un ulteriore terzo lo ha fatto in maniera sporadica e occasionale
• 4 imprese su 10 non hanno figure che si occupino formalmente e che abbiano competenze specialistiche sul digitale
• 3 imprese su 4 non prevedono di rivedere il proprio modello di business né di reingegnerizzare il prodotto/servizio alla luce della trasformazione digitale
• Il 29% delle PMI manifatturiere adotta un approccio reattivo rispetto al digitale: sono quelle PMI che si rivolgono al digitale solo in reazione ad uno stimolo esterno, limitandosi a rispondere all’esigenza di breve periodo e minimizzando gli sforzi e gli investimenti allo stretto indispensabile
• La maggior parte delle realtà (57%) ricade in un approccio di tipo tattico: le tecnologie digitali vengono introdotte per efficientare i processi e per rispondere a obiettivi puntuali, spesso però senza un quadro organico di evoluzione di business
• Solo il 15% ha un profilo definibile strategico: qui l’adozione del digitale è accompagnata dallo sviluppo di una cultura aziendale sul tema, che coinvolge sia le figure organizzative sia la prima linea manageriale

Dalla ricerca emerge dunque che manca un approccio strategico al digitale.

Solo il 14% del campione ha un approccio strategico al digitale, che interessa tutto il modello di business, coinvolgendo anche i processi core (sviluppo prodotto, rapporti di filiera, marketing e vendite). Generalmente si tratta di realtà più grandi e redditizie, di natura meno familiare, collocate al Nord e con una propensione maggiore all’export.
La parte più importante del campione, ovvero il 57% ha mostrato un approccio più tattico: focalizzazione al digitale su obiettivi specifici e contingenti di efficienza dei processi, forte diversità dei percorsi di digital transformation all’interno. Qui la cultura rimane un gap importante. Il restante 29% si avvicina al digitale come reazione a uno stimolo esterno – la crisi Covid o la richiesta di un cliente – con investimenti scarsi limitati a singole attività e processi, su un orizzonte di breve periodo.

Manager e titolari dimostrano un interesse crescente per la formazione strategica in questo ambito, con un +20% rispetto al 2019: il 67% investe tempo sull’aggiornamento professionale, pur in modo sporadico e non continuativo. Ancora elevata la percentuale (40%) di imprese che non hanno alcun responsabile dedicato a tematiche ICT&digital.

Mancanza di competenze

Lo studio fotografa una scarsa dimestichezza delle PMI manifatturiere con le tecnologie di Industrial IoT in fabbrica: il 65% ammette di non conoscerle, solo il 9% le applica, anche se l’interesse è in aumento. Stessa situazione per l’uso del digitale nei rapporti lungo la Supply Chain, in ampliamento, ma comunque ancora marginale (software 35%, sensoristica 7%).
Più positivi i dati relativi all’applicazione nel supporto alle vendite, con un incremento importante nel 2020 dell’utilizzo dell’eCommerce (sia tramite piattaforme proprietarie, sia su canali terzi).

Meglio anche le performance del digitale a supporto di amministrazione, finanza e controllo, anche se rimane scarsa l’integrazione tra i processi.
La diffusione del lavoro da remoto da una parte fa aumentare il rischio percepito e l’esigenza di protezione dei dati portando all’adozione di sistemi avanzati per la sicurezza informatica (38%), dall’altra stimola la crescita dei software in Cloud per gestire le comunicazioni e la collaborazione tra i dipendenti da remoto (39%).

Anche le priorità di investimento digitale per i prossimi 12 mesi mostrano una stretta connessione con necessità contingenti, e si orientano verso soluzioni che consentano di portare avanti il lavoro in sicurezza in situazioni emergenziali.

Uno scenario che conferma dunque la tendenza della maggior parte delle PMI manifatturiere a ragionare e muoversi entro un asse temporale ridotto, che nel lungo periodo non potrà che incidere negativamente sulla loro competitività e capacità di rimanere profittevoli sul mercato.

Il commento di Giorgia Sali, Direttrice dell’Osservatorio Digitale nelle PMI del Politecnico di Milano

“Dalla nostra analisi emerge chiaramente come le piccole e medie industrie italiane di fronte a un ritardo già rilevante in termini di digitalizzazione, di processo e di visione, prima della pandemia, non siano riuscite a cogliere durante l’emergenza sanitaria e nell’attuale crisi economica e industriale di portata mondiale, l’opportunità di ridisegnare i propri modelli di business e la propria cultura aziendale secondo una logica “liquida”. Non basta essere reattivi o tattici, oggi è il momento di essere strategici e per farlo occorre pianificare, agire in rete e cogliere tutte le grandi opportunità offerte dall’innovazione, che non è solo implementazione tecnologica, ma è anche cultura e analisi”.

Il commento di Luciano Malgaroli, Fondatore e CEO della Fiera A&T

“La ricerca presentata questa mattina dall’Osservatorio Digitale per le PMI del Politecnico di Milano mostra in modo chiaro le difficoltà dei piccoli imprenditori italiani a pianificare in modo prospettico lo sviluppo del loro business, ridimensionando di fatto le potenzialità offerte dall’innovazione e della trasformazione digitale. Implementare una linea produttiva, sistematizzare un processo informatizzare un sistema, non significa aver reso la propria impresa 4.0: la vera innovazione, quella che incide pesantemente in termini di competitività sui mercati globali, è data da un modello di azienda caratterizzata da un’identità ibrida, capace cioè di includere il know-how legato all’innovazione degli impianti e dei processi a quello dell’industrial analytics focalizzato alla migliore performance produttiva, ovvero alta qualità, valorizzazione dei dati, razionalizzazione degli sprechi, certificazione in termini di sicurezza e di sostenibilità. Questi sono i messaggi che nei tre giorni di Fiera cercheremo di trasmettere al nostro pubblico, attraverso un programma ricco di contenuti, di esperienze tecnologiche e di opportunità formative. Un evento che abbiamo ridisegnato in versione digitale puntando sulla socialità e sull’interattività. Una sfida che aprirà nuovi spazi nelle manifestazioni fieristiche: la modalità ibrida è ormai prossima!”.