
Forklift’s Business
Il mercato del muletto come punto privilegiato nel sistema di scambi internazionali, per una concreta crescita economica a vantaggio della collettività
Il mercato del carrello elevatore, da sempre settore trainante dell’economia interna di un Paese, è un interessante termometro per comprendere la situazione politica e finanziaria mondiale. Non è un caso se le aziende asiatiche hanno privilegiato, tra gli altri, questo settore per affermarsi in Europa e in America, garantendosi oggi una posizione di tutto rispetto nell’industria della movimentazione merci, sia a livello di produzione che di esportazione.
Ciononostante nei Paesi occidentali non sembra diminuire la fiducia e la preferenza per i marchi più familiari, il cui brand è sinonimo di qualità e di storia.
Non mancano a livello di produzione le alleanze di grandi colossi che operano negli Stati Uniti da oltre un secolo e che sviluppano oggi macchine a tecnologia avanzata che consentono di diminuire le emissioni inquinanti e i consumi di carburante.
In Europa, invece, il panorama è piuttosto variegato: nate come aziende nazionali, molte aziende si sono poi sviluppate come unico grande marchio. Un esempio fra tutti il gruppo Kion, che annovera sotto di sé importanti brand come Linde, OM e Still.
L’industria è oggi una delle principali case di produzione a livello globale e si assicura importanti fette di mercato grazie all’eccellenza dei suoi marchi, impegnata tanto nella produzione di carrelli elevatori quanto nell’elaborazione di sistemi integrati di management del magazzino.
Un caso a parte nel panorama europeo è la Jungheinrich, azienda tedesca con sede ad Amburgo, che ha saputo incentivare la propria esperienza nelle tecnologie per l’immagazzinamento per farne un marchio conosciuto a livello mondiale. La sua è una storia individuale, che ha portato una piccola azienda specializzata in ingegneria meccanica a essere uno dei più affermati colossi di logistica mondiale. Non è un caso se negli ultimi anni la Jungheinrich ha stretto con Anhui Heli una joint venture per espandersi in Cina e nel Levante.
Per chi compra non c’è che l’imbarazzo della scelta nel vasto ventaglio di possibilità che le grandi case produttrici offrono.
Tuttavia gli standard di realizzazione dei macchinari non sono ancora univoci a livello mondiale e di certo ciò stenta ancora a giovare agli scambi internazionali. Negli Stati Uniti gli standard di sicurezza per i mezzi industriali sono stabiliti dal codice ANSI B56, che determina l’usabilità dei carrelli all’interno del magazzino, le proporzioni e le misure del suoi componenti, dalle forche agli pneumatici; le classi di appartenenza del muletto e i sistemi di corretto utilizzo in sicurezza delle macchine.
In Europa, invece, i sistemi di standardizzazione dei componenti meccanici sono più rigidi e di difficile interpretazione.
Qui, infatti, l’importazione di macchine da lavoro è sottoposta a una serie di certificazioni imprescindibili, determinate dalla CE. Accanto ai documenti necessari per passare la dogana, i macchinari industriali sono sottoposti ai controlli FEM/ISO di tutti i componenti meccanici e tecnologici e del sistema di movimentazione, sia esso elettrico che a combustione interna, per determinarne l’impatto sull’ambiente e la sua usabilità all’interno dei magazzini industriali.
Purtroppo la legislazione europea risulta, in questo caso, piuttosto cavillosa laddove non fumosa e costituisce paradossalmente una difficoltà per chi si trova a importare nel Vecchio Mondo. Forse proprio per questo motivo a tutt’oggi l’Europa è uno dei Paesi con maggioranza di centri di produzione di carrelli elevatori, così come di distributori.
Le organizzazioni internazionali, tuttavia, non hanno sottovalutato il problema e stanno procedendo alla realizzazione di standard valevoli a livello internazionale affinché i prodotti immessi sui mercati siano altamente qualitativi e soprattutto sicuri in ogni Paese.
[Da Muletti Dappertutto n. 4/2016]