E’ innegabile: nell’ultimo decennio l’automazione ha rivoluzionato i processi produttivi.
Nelle industrie elettronica, metalmeccanica, automobilistica, sono entrate macchine capaci di svolgere in totale autonomia attività prima manuali come la movimentazione dei carichi, l’assemblaggio, ecc.
Lo stock globale di robot, secondo l’IFR, International Federation of Robotics, ha avuto un incremento passando da 500mila unità a 2,7milioni in 30 anni. A farla da padrone nella partita legata alla robotica è il Giappone, seguito dalla Corea del Sud dove per mille risorse umane sono impiegati tra i 5 e i 10 robot.

Il vecchio Continente vive con timore l’ascesa dei robot. La certezza che possano soppiantare la forza lavoro umana, è un deterrente all’entusiasmo tutto asiatico.
In Italia, l’Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche ha evidenziato però che nelle zone a più intensa robotizzazione il rischio di sostituzione non sembra così reale. I posti di lavoro destinati agli addetti ai robot sono aumentati del 50% in circa un decennio.

Secondo l’analisi, l’incremento dell’1% nell’adozione di robot corrisponde ad un incremento di 0,29 punti percentuali nella quota di operatori di robot. Segno chiaro del fatto che ad un numero sempre crescente di robot corrisponde anche una percentuale in crescita delle risorse umane dedite alla loro programmazione, installazione e manutenzione.

Che impatto hanno i robot sull’occupazione?

Nel nostro Paese i robot sono numerosi, soprattutto nell’ambito dei trasporti e della logistica. Secondo uno studio di McKinsey, si stima che nel 2030 in Italia un terzo delle mansioni potrebbe essere automatizzato.

La produzione industriale ed il trasporto stanno sperimentando i benefici della robotica: riduzione dei processi ripetitivi, del lavoro manuale ne sono un esempio.
Quello che sembra quasi scontato è che sulla forza lavoro non specializzata, quella a basso livello di istruzione o fortemente ripetitiva potrà subire un impatto negativo.

L’automazione potrà portare a diseguaglianze economiche tra lavoratori più qualificati e meno formati; con conseguente polarizzazione della società e creazione di classi di lavoratori precarie e mal retribuite.
Alcune tra le professionalità destinate (probabilmente) a cambiare a breve termine potrebbero essere:

  • Autisti di veicoli (con la diffusione dei veicoli a guida autonoma)
  • Addetti alla catena di montaggio (nella produzione industriale)
  • Addetti alle pulizie (sostituiti dalle macchine autonome e dai robot a controllo numerico).

Tuttavia è fondamentale sottolineare che quello che non è visibile oggi, potrebbe esserlo invece domani. Ovvero l’automazione potrebbe creare nuove opportunità di lavoro nell’ambito della manutenzione dei robot, come dell’ingegneria e della programmazione.

É bene non dimenticare che alcune competenze umane come la creatività e l’empatia non potranno essere sostituite dall’AI e rappresentano fattori fondamentali per la società.

Quali benefici per il settore logistico e produttivo?

Nel settore logistico la presenza dei robot comporta benefici significativi per la salute, la sicurezza, l’ambiente e l’economia.
L’automazione aumenta la produttività delle aziende, ne riduce i costi e ottimizza la qualità di prodotti e servizi.

Utilizzati per compiti faticosi e rischiosi, i robot riducono gli infortuni e migliorano la sicurezza degli ambienti lavorativi.

E infine, anche dal punto di vista della sostenibilità, con i veicoli a guida autonoma, il settore continua a beneficiare di una riduzione delle emissioni di CO2 oltre che di un minor consumo di carburante. Se programmati per guidare in modo efficiente.

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