Gli accumulatori esausti dei carrelli elevatori sono scrigni di materie preziose. Non é una metafora: essi contengono materiali fondamentali per la nostra economia come il piombo, il cobalto, il litio, il nichel e il manganese. Inoltre alcune delle loro componenti sono in plastica (l’involucro esterno è normalmente di polipropilene e ci sono parti in polietilene e PVC). Quando le batterie arrivano al loro fine vita tutti questi materiali possono essere recuperati e immessi sul mercato delle materie secondarie, il cui prezzo è strettamente agganciato alle quotazioni internazionali delle materie prime.

Questa situazione ha dei pro e dei contro.

I pro sono ovvi: a beneficio dell’ ambiente, è possibile applicare efficaci operazioni di trattamento che sono totalmente legali e tracciate e che sono in grado di coprire parte del propri costi grazie alla vendita delle materie secondarie ottenute. Ai sensi del D.Lgs 188/08 gli accumulatori industriali non possono essere inceneriti o smaltiti in discarica e le attività di raccolta e riciclo sono a carico di chi li produce. Di conseguenza i produttori, mediante i loro sistemi collettivi, organizzano filiere della raccolta e del recupero che tracciano e rendicontano ogni loro operazione.

I contro sono riassumibili in un singolo dato di fatto: le materie secondarie contenute negli accumulatori, avendo un valore economico, fanno gola ad operatori economici di ogni tipo. Esistono raccolte illegali, che già in partenza non sono tracciate, e raccolte parallele che, pur essendo legali, sfuggono ai sistemi gestiti dai produttori; queste ultime applicano sistemi di tracciatura parziali che non sempre tengono conto di quanto sia pericolosa una dispersione nell’ambiente dei metalli pesanti contenuti negli accumulatori.

“Purtroppo –spiega il Direttore di Gruppo Safe Giuliano Maddalena – esistono procedure di recupero illegali che permettono di massimizzare la quantità di materia secondaria da piazzare sul mercato rilasciando rifiuti tossici nell’ambiente. Questi comportamenti sono assolutamente intollerabili. Il piombo stesso, quando non è gestito adeguatamente, è pericolosissimo”.

Un articolo apparso su The Lancet nel 2018 dimostra che è sufficiente una bassa esposizione ambientale al piombo a generare effetti devastanti sul sistema cardiocircolatorio delle persone: gli statunitensi che muoiono ogni anno per questa causa sono oltre 250.000, ossia 50 volte di più dei soldati americani morti complessivamente nelle guerre in Iraq e Afghanistan.

“Più aumentano i prezzi di mercato delle materie secondarie contenute negli accumulatori, più aumenta l’interesse degli operatori illegali e di quelli paralleli – riferisce Maddalena, che continua – Solo i consorzi dei produttori garantiscono sempre e comunque la raccolta e il recupero, indipendentemente dalle fluttuazioni di mercato e anche a costo di andarci in perdita. In generale le filiere dei produttori sono più sicure perché vincolate a stringenti sistemi di tracciatura e rendicontazione, ma questi ultimi non eliminano automaticamente il rischio di incappare in soggetti privi di scrupoli. I fornitori che si candidano a partecipare alle nostre filiere sono di ogni tipo, e rispettare le indicazioni di legge non è sufficiente ad annullare i rischi”.

Come si protegge lo scrigno del tesoro dai pirati?

ECOPOWER, consorzio di produttori di batterie che affidato la gestione delle proprie filiere al Gruppo Safe, ha adottato uno specifico Protocollo di Legalità per la selezione dei fornitori. Il Direttore di Safe ne ha sintetizzato i punti chiave.  “Il Protocollo prevede un Procedimento di Qualificazione di tutti i soggetti professionali che operano nella filiera a qualsiasi livello: raccoglitori professionali, trasportatori, intermediari/commercianti, gestori di centri di stoccaggio e gestori di impianti di pretrattamento, recupero e/o smaltimento, includendo gli eventuali subappaltatori e subvettori incaricati dagli operatori medesimi di eseguire prestazioni a favore di ECOPOWER. Il Procedimento si sostanzia in due diversi livelli di qualificazione.

Il Primo Livello – spiega Maddalena – si basa su verifiche documentali e di campo, utilizzando un Disciplinare tecnico di auditing che abbiamo chiamato Applegal.  Concluso positivamente il Procedimento di Primo Livello, condizione indispensabile per poter lavorare con il Consorzio, è attivato il Secondo Livello, volto a incrementare ulteriormente il livello di legalità e trasparenza della filiera. Questo secondo passaggio consiste nella verifica annuale dell’iscrizione dei fornitori alle  whitelist predisposte dalle prefetture e nell’ottenimento da parte degli operatori del rating di legalità rilasciato  dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato.
Al fine di incentivare l’adesione dei fornitori al Secondo Livello di Qualificazione – conclude Maddalena – il Consorzio ha stabilito misure premiali, oltre ad un supporto consulenziale qualificato e gratuito per la compilazione e presentazione delle relative istanze”.