
Osservare le norme ambientali non è una cosa semplice. Oggi un imprenditore è costretto a orientarsi e destreggiarsi tra procedimenti di valutazione di impatto ambientale (VIA), autorizzazione integrata ambientale (AIA), autorizzazione unica ambientale (AUA) e altri vincoli e limitazioni ambientali che sono in continua mutazione e aumento a causa della rapida evoluzione della norma. Le disposizioni spaziano dalle procedure per il trattamento delle acque di scarico alla valutazione dell’impatto acustico, dalle caratteristiche dei contenitori per i rifiuti al calcolo delle tariffe dei servizi pubblici ambientali, dai sistemi digitali di tracciabilità dei rifiuti speciali (dopo aver appreso il SISTRI ora gli imprenditori dovranno capire il RENTRI) agli adempimenti della responsabilità estesa del produttore (dove il contributo ambientale, progressivamente, sarà sempre più agganciato all’impatto ambientale preconsumo e postconsumo del processo produttivo specifico) fino ad arrivare alle “insidie” della responsabilità condivisa nelle filiere dei rifiuti. I vincoli e le limitazioni coinvolgono ogni singolo aspetto delle attività produttive, e spesso la prevenzione dell’impatto ambientale va per la mano con la tutela della sicurezza e salute dei lavoratori.
Ad esempio chi gestisce carrelli elevatori sa bene, perché glielo hanno imposto i consulenti che hanno redatto il Documento Valutazione Rischi, che i muletti a motore emettono monossido di carbonio che, se non adeguatamente gestito, oltre che incrementare l’effetto serra intossica anche i lavoratori. Ma quando i carrelli sono elettrici il rischio deriva dall’alta infiammabilità delle batterie sia in fase di ricarica che a fine vita. Ogni prescrizione va applicata pedissequamente. L’Avvocato Mara Chilosi, Presidente di AODV231 (associazione degli Organismi di Vigilanza), ha recentemente riportato a Oltreilgreen24 che, ai sensi della legge 231 sulla responsabilità delle imprese, “i reati ambientali, unitamente a quelli legati alla salute e sicurezza sul lavoro e ai reati contro la PA, rappresentano le fattispecie rispetto alle quali la responsabilità amministrativa degli enti è più contestata e, in particolare, lo sono quelle concernenti la disciplina sui rifiuti”. La responsabilità ambientale delle imprese è destinata ad aumentare, così come il livello dei controlli. Su questo tema la Direttiva Europea è in fase di aggiornamento e si prevedono vincoli aggiornati ai nuovi processi produttivi e la creazione di una task force comunitaria per fare in modo che gli Stati Membri implementino a dovere (e facciano rispettare) ogni disposizione.
L’ambiente, per chi fa impresa, è a volte visto come un mal di testa, se non addirittura come un incubo. Non solo un elemento che fa aumentare i costi a carico dell’impresa minacciandone il punto di equilibrio economico, ma anche una fonte di imprevedibili rischi penali e di sanzione economica. In campo ambientale il modello regolatorio dominante è ancora, fuori di alcun dubbio, basato sullo strumento command and control. La pubblica amministrazione incide sull’attività dell’impresa applicando regimi autorizzatori, imponendo limiti, facendo controlli e castigando i trasgressori.
Gli strumenti di politica ambientale volontari e incentivanti, così come la cultura ambientale delle imprese, gli standard gestionali virtuosi e le soluzioni tecnologiche green sono in fase di crescita ed espansione ed aumentano il loro peso nel sistema, ma pur sommati tra di loro tutti questi elementi positivi rischiano di non fare realmente breccia nel modo di lavorare delle imprese a meno che non intervenga uno specifico fattore X. Senza questo fattore, o quid, nella testa di un imprenditore medio l’ecologia rischia di rimanere, sostanzialmente e irrimediabilmente, una cosa brutta.
IMPRENDITORIALITÀ CIRCOLARE
“Perché l’ecologia smetta di essere considerata un onere e cominci ad essere realmente vissuta come un’opportunità non è sufficiente adattare il proprio modo di lavorare. Occorre cambiare visione e strategia, impostare le cose diversamente alle radice. Le imprese che sul lungo periodo hanno le prestazioni migliori, incorporano nelle loro attività̀ un social purpose che è importante quanto quello economico”, afferma il Direttore del Gruppo Safe Giuliano Maddalena.
Istat, che da qualche anno censisce periodicamente i comportamenti sostenibili delle imprese italiane, riporta che nel 2018, a fronte di un 75,8% delle imprese che ha intrapreso una o più iniziative volontarie di sostenibilità, circa il 24% ha incluso l’aspetto ecologico nella propria strategia/mission.
IMPRESE IN BASE AL NUMERO DI AZIONI REALIZZATE PER LA SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE E SOCIALE
Valori percentuali sul totale imprese con tre e più addetti. Anno 2018

MOTIVAZIONI PER TIPO DI AZIONE SOSTENIBILE
Valori percentuali sul totale imprese con tre e più addetti. Anno 2018

Negli ultimi rapporti ISTAT non è stato aggiornato il dato in merito all’implementazione della sostenibilità nei piani strategici, mentre il dato delle imprese che hanno investito su iniziative di sostenibilità volontarie risulta sceso leggermente. Una diminuzione probabilmente dovuta all’effetto combinato della crisi sanitaria e di quella geoeconomica, che ha posto a molte imprese la priorità della sopravvivenza (https://www.istat.it/it/files//2023/04/Pratiche-sostenibili-delle-imprese.pdf).
“Ma la tendenza – rassicura Giuliano Maddalena – è in netta ricrescita. Le grandi imprese considerano l’aspetto ecologico sempre più importante, e il tema della sostenibilità sta lentamente transitando dagli uffici di comunicazione e marketing a quelli dove si prendono le decisioni strategiche. Le piccole e medie imprese, così come le microimprese, hanno qualche difficoltà in più, ma anche loro stanno sposando in modo crescente il nuovo approccio. Questo cambiamento di mentalità, sempre più evidente, è di sicuro un fatto positivo”.
“Però tra il dire e il fare, come spesso si dice, c’è di mezzo il mare – puntualizza il Direttore di SAFE – Perché la visione ecologista non si riduca a un fatto di principio, ossia perché non rimanga sulla carta, o nella sezione visione dei siti web, occorrono competenze, risorse e impegno. L’ecologia deve atterrare in tutti gi aspetti organizzativi e produttivi dell’azienda, e vanno individuate le rispettive logiche di opportunità, vantaggio e prospettiva”.
OLTRE IL GREEN
“Va rinnovato un patto di alleanza con il creato, con gli animali, le piante, perché tutti concorriamo verso lo stesso fine, lo stesso bene”, ha detto il Cardinale Mauro Gambetti, vicario generale del Papa per la Città del Vaticano, in un’omelia citata da Vatican News. “Un patto rinnovato tra la politica e il mercato” dove siano la politica e le associazioni di categoria ad orientare il mercato e non viceversa.
Il porporato parteciperà il 9 ottobre a Brescia a una conferenza organizzata dal Gruppo Safe presso Futura Expo, con l’obiettivo di lanciare Oltre il Green, l’”insegna” che indosseranno più di 800 aziende produttrici aderenti ai consorzi Ecoped, Ecopower, Ridomus e Pneulife, oltre a migliaia di punti vendita e centinaia di operatori delle filiere del recupero. “Oltre il Green”, spiega Giuliano Maddalena è la nostra parola chiave perché facciamo volontariamente di più di quanto la legge ci chiede e ridistribuiamo il valore creato con lo sviluppo del sistema industriale delle economie circolari, con l’innovazione e con nuovi posti di lavoro. Dai prodotti a fine uso ricaviamo risorse naturali in forma di materie prime seconde, con le quali realizzare nuovi prodotti senza perderne neanche una piccola parte.
Alla conferenza del 9 ottobre, destinata a essere uno degli eventi più emblematici della transizione ecologica, oltre a Gambetti interverranno il Presidente di Assoambiente Chicco Testa, la nota accademica Anna Maria Giorgi, la responsabile di Diritto Amministrativo e Ambientale di BDO Italia Annalisa Di Ruzza e il Direttore del Gruppo SAFE Giuliano Maddalena.