La sicurezza sul posto di lavoro è un tema sempre più rilevante. Se ne interessa la cronaca, la legislazione e se ne devono interessare anche le aziende, per tanti motivi, anche molto distanti tra loro: per consentire ai dipendenti di operare in sicurezza, per l’integrità di merci e materiali, per non incorrere in multe e penali…
Ne abbiamo parlato con Giampaolo Guerrieri, project manager Jungheinrich be-safe (nella foto in alto), la proposta Jungheinrich per la prevenzione e la sicurezza nell’intralogistica.

Cos’è per Jungheinrich la sicurezza?

Il fine ultimo di ogni sistema di sicurezza, è bene ricordarlo, è quello di far arrivare a fine giornata l’operatore, consentirgli di tornare ogni sera dalla sua famiglia con serenità. Per Jungheinrich la sicurezza è prima di tutto un valore umano, un fatto culturale e sociale, che passa anche per il rispetto di se stessi e il prendersi cura della comunità. Con be-safe Jungheinrich riesce a portare sul mercato una proposta vincente, anche grazie alla scelta di legare il concetto di sicurezza ad un approccio culturale, sia all’interno che all’esterno dell’azienda; stiamo vedendo una crescente cultura della sicurezza, che interessa un po’ tutta la società. Be-safe è la proposta di Jungheinrich che si interfaccia a un Paese sempre più ricettivo e questo, al di là poi delle collaborazioni commerciali, della vendita di servizi e prodotti, vuole essere davvero un valore che aggiungiamo, il nostro modo di fare questo mestiere e di comunicarlo.

Che importanza ha la sicurezza oggi all’interno delle aziende?

A nostro avviso l’importanza è centrale, poi bisogna vedere a quale livello l’azienda vuole affrontare il tema. La sicurezza può essere affrontata su molteplici livelli: c’è tutto l’insieme di adempimenti normativi che riguardano anche le responsabilità del datore di lavoro; c’è la questione della formazione degli operatori; c’è la gestione dell’operatività quotidiana, della conoscenza e dell’utilizzo di macchine e processi. Come dicevo anche prima, la nostra percezione è che, un po’ per un fattore culturale, un po’ forse anche per costrizione, il nostro Paese inizia ad essere attento al tema.

Entrando nel pratico, che tecnologia proponete alle aziende?

La nostra operatività si sviluppa su 4 aree: adempimenti normativi, sicurezza attiva e passiva, equipaggiamenti di sicurezza e progettazione. La prima area riguarda il rispetto delle normative vigenti e le responsabilità; poi ci sono tutte le soluzioni legate al prodotto, le soluzioni intrinseche già installate (sicurezza passiva) o implementabili nella macchina, poi c’è la parte di sicurezza attiva, quella che prende in considerazione l’operatore, la sua formazione, la conoscenza della macchina.
Ecco, la scelta a catalogo delle strumentazioni disponibili è una delle opportunità che diamo ai nostri clienti, ma il valore aggiunto che offriamo è senz’altro il supporto nel progettare un sistema in sicurezza, sulle sue esigenze. Abbiamo tantissimi prodotti e tecnologie per la sicurezza (il lampeggiate, il controllo varchi, il segnalatore acustico, il rallentatore…) ma pensiamo che sia utile una consulenza di base che faccia funzionare il sistema. Per fare un esempio: un’azienda può anche aver allestito tutte le sue macchine con lampeggianti e segnalatori acustici ma se il passaggio delle macchine nei corridoi non è agevole, la disposizione delle merci non è ottimizzata, gli operatori non hanno una buona conoscenza delle macchine, i carichi non sono controllati… l’attività quotidiana non si potrà svolgere in sicurezza e le ripercussioni sull’operatività sono certe.

Quindi, se ho capito, la vostra miglior proposta partirebbe da un’analisi della situazione?

Si, un’analisi che permetta una personalizzazione, senza sprecare risorse in strumentazioni magari superflue per una determinata realtà, ottimizzando invece tutto il sistema. Il nostro compito è anche quello di aiutare l’imprenditore ad associare l’effetto alla causa, cosa non sempre facile. Mi spiego. Prendiamo ad esempio un urto ricorrente. Come si pone l’azienda? Può venire collegato alla performance di una macchina obsoleta, può diventare la normalità ed essere considerato un rischio calcolato da sobbarcarsi per ottenere un certo risultato… un’analisi attenta del sistema invece potrebbe rilevare una possibilità d’intervento: sul prodotto, sull’operatore, sulla ricollocazione del materiale. Mettere in sicurezza il sistema significa anche farlo funzionare bene, senza intoppi.

Secondo la sua esperienza, esiste qualche aspetto ricorrente in cui le aziende, in tema di sicurezza, sono carenti e magari non se ne rendono contro?

Penso che l’imprenditore possa essere aiutato a valutare l’attività dei suoi operatori e, in alcuni casi, a migliorare la produttività ponendo la sua attenzione al fattore umano, alla formazione, coinvolgendo gli operatori, confrontandosi con loro su difficoltà, carenze… Un’analisi di questo tipo permette di eliminare problematiche, danni e rallentamenti all’operatività. Tra i danni ricordiamoci che non ci sono solamente rotture delle macchine, incidenti alle merci, traumi… ma ci sono anche situazioni come: l’operatore che non si presenta al lavoro a causa di dolori, stress, pressioni, la difficoltà di comunicazione tra colleghi e comparti che rallenta la quotidianità lavorativa. Si tratta di situazioni che, nel mondo manifatturiero, sono molto presenti e spesso non vengono percepite. Ecco stiamo parlando insomma del coinvolgimento del fattore umano, perché dotare l’operatore della macchina perfetta può non essere sufficiente per ottenere un buon lavoro, se l’operatore stesso non è nelle giuste condizioni operative. È anche un modo per “tirare a bordo” tutta la squadra, il reparto, nel raggiungimento di un obiettivo comune. La sicurezza insomma è un canale utile anche per fare squadra, una modalità per creare un gruppo di lavoro coeso e vincente.