
Rischi e criticità sul lavoro sono il pane quotidiano per moltissimi degli addetti alla movimentazione dei carichi e all’utilizzo di carrelli elevatori.
È spesso facile sottovalutare il rischio rumore quando si opera all’interno di un magazzino, che sia o meno automatizzato. Basta semplicemente pensare alle rampe di carico e scarico, agli autocompattatori per la differenziazione dei rifiuti, per capire invece quanto possa incidere sulla salute e sicurezza sul lavoro.
È per questo che, malgrado il rischio rumore sia quindi talvolta sottostimato, le aziende sono obbligate per legge ad effettuare la valutazione del rischio, a redigere il documento di valutazione e il piano operativo della sicurezza.
Al titolare d’azienda, cui spetta l’analisi e la gestione, un piccolo decalogo offre la misura di quanto la propria attività sia in linea con le normative e quanto rispetti le soglie imposte per l’inquinamento acustico.
In tal senso, com’è noto, durante la redazione del rischio, il titolare o il suo designato, dovrebbe tener conto di:
- durata, intensità (livello) e tipologia di esposizione
- valori di azione e valori limite di esposizione
- presenta di rumori impulsivi
- presenza di addetti ipersensibili al rumore
- interazioni fra sostanze ototossiche e rumore
- interazioni fra rumore e vibrazioni o segnali acustici di sicurezza
- esistenza di attrezzature idonee a limitare l’emissione di rumore
- disponibilità di dpi (dispositivi di protezione individuale), adeguati all’attenuazione
- frequenza di prolungamenti dell’orario di lavoro
In relazione alla valutazione dei rischi, tante e diverse sono le indicazioni fornite a livello europeo. La prima fonte della normativa sulla sicurezza è, infatti, comunitaria.
Per questa ragione, di recente, al fine di armonizzare la normativa nazionale in materia di inquinamento acustico, è entrato in vigore il Decreto Legislativo n.41/2017, recante le disposizioni, con direttiva 2000/14/CE e Regolamento (CE) n.765/2008.
Tre, gli ambiti di applicazione a cui il decreto fa riferimento:
- Precisazione della disciplina sulle macchine rumorose che operano all’aperto
(Qualora si operi con un macchinario importato da Paesi extraeuropei, gli obblighi ricadono sull’importatore che mette in servizio o in commercio tali macchine e attrezzature sul territorio nazionale. Ciò vale sia se l’importatore è persona fisica che giuridica); - Semplificazione delle procedure di certificazione
(Si stabilisce una revisione dei requisiti richiesta dagli organismi di certificazione, che precisi i requisiti minimi necessari per il personale che sarà incaricato di eseguire i controlli); - Rafforzamento delle sanzioni
(L’ISPRA, Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, avrà maggiori poteri di verifica e di accertamento).
Sottostimare un rischio come quello derivante da inquinamento acustico non è mai troppo saggio. Accade non di rado che qualche azienda si trovi a dover fare i conti con lesioni, patologie e disturbi irreversibili legati proprio ad attività che si svolgono quotidianamente in ambienti piuttosto rumorosi.
Nonostante gli sforzi nel silenziare i macchinari, carrelli elevatori in primis, probabilmente maggiore attenzione dovrebbe ricadere sulla responsabilità di chi gestisce la valutazione dei rischi e di chi, in azienda, ha il compito di adeguare strutture e dispositivi alle esigenze del personale.